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New York. Presentazione del rapporto “Mafia nell’era digitale” alla presenza del magistrato Nicola Gratteri

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La rivoluzione digitale ha cambiato il modo in cui comunichiamo, compreso quello della mafia. Nel vasto ecosistema digitale, i siti di social network sono i privilegiati vettori per l’interazione e la diffusione dei contenuti. Facebook, YouTube, Twitter, Instagram e TikTok hanno conquistato il web, computer e smartphone, creando una dimensione osmotica che si integra e spesso risponde a ciò che accade nella realta’. Le mafie si raccontano, seguono il virale, le tendenze, creano canzoni neo-melodiche.
La “mafia ai tempi dell’era digitale” e’ stato l’interessante tema affrontato, presso l’Istituto Italiano di Cultura di New York (diretto da Fabio Finotti), da esperti del settore.
Ad iniziare da Nicola Gratteri, magistrato sotto scorta, che ha tenuto banco rapendo l’attenzione dei presenti con la sua dettagliata analisi (video intervista  https://youtu.be/N6pyrrcztyw?si=BJaKouZMMI20K5ac).
Alla press conference, promossa dalla Fondazione Magna Grecia presieduta da Nino Foti, e aperta dai saluti del Console Fabrizio Di Michele, hanno partecipato: il giornalista-professore Antonio Nicaso; Anthony Tamburri, Dean del Calandra Institute; Arthur Gajasa, former US Court Judget of the US.
A moderare il giornalista Rai Fabrizio Frullani.
Lo studio (editato da Marcello Ravveduto) ha focalizzato l’attenzione sui contenuti digitali sinonimo di fonte. Tre i metodi di ricerca  adottati per
estrarre e analizzare una grande quantità di dati dalle piattaforme: quello  manuale per i social network (Facebook) applicato a  più di 50  profili, pagine e gruppi e più di 30 profili Instagram. Successivamente la lente ha passato al setaccio gli argomenti grazie all’utilizzo dei codici Python che ha permesso di elaborare 20 mila commenti su YouTube.
Un lavoro immane  che regala una fotografia non scontata di una mafia che si evolve, segue i tempi e si adegua. Non piu’ sangue, “fiumi di sangue”, ma professionisti dei social.

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